mercoledì 4 luglio 2012

Ciò che dai è tuo per sempre


Non so se si smette mai di avere paura di qualcosa, da piccoli dormivamo con una lucetta accesa poi siamo cresciuti ma la paura del buio forse non è mai passata del tutto. Il buio ha semplicemente assunto forme diverse, il timore di essere diversi, di perdere le persone a cui vogliamo bene e non riuscire ad essere  persone facili da avere attorno. Gestire le proprie emozioni non è facile, a volte ci chiudiamo in noi stessi e ci apriamo solo per sbottare a gridare contro chi ci sta aiutando. Perché ‘noi sappiamo benissimo quello che fare e non abbiamo bisogno di nessuno che ci dica come vivere la nostra vita’. Le persone nel frattempo vanno e vengono, altre restano sempre.  Jeff Buckley diceva ‘life brings us to who we need’ e forse con alti e bassi è vero. Il problema poi viene nel saper gestire le cose avere il coraggio di esprimere il bene che vuoi verso una persona senza quella sensazione di mal di stomaco da ulcera nel momento in cui vorresti tanto dire ‘ti voglio bene’.  E poi rinunci è pensi, va be’ glielo dico la prossima volta. 

Non ci sono decisioni giuste o sbagliate, ci sono quelle che si prendono e quelle che accantoni. Ma abbiamo sempre una paura spasmodica di sbagliare e magari poi ci arrabbiamo con gli altri apparentemente senza motivo, con una persona davanti a noi che si chiede se siamo scemi oppure se siamo semplicemente insopportabili. 

Con alcune persone siamo così convinti che ci possiamo prendere la libertà di fare ciò che vogliamo, come se ci regalassero un giocattolino di vetro indistruttibile. A forza di buttarlo in terra prima o poi si rompe. Allora dopo cambiamo e capiamo che dobbiamo tenere conto di tutto e lì inizia una nuova sensazione.  Iniziamo a vivere facendo qualsiasi cosa come se avessimo un pugno di sabbia in mano. Se lo stringi troppo forte straripa e se non lo stringi abbastanza vola via.  Ma vivere calcolando ogni dettaglio è stressante e non c’è mai una soluzione senza un margine d’errore.  Così non si vive e non si ama.
Perché tutti provano a spiegare l’amore come se fosse un lenzuolo? E se fosse così facile perché nessuno ha mai tentato di ballare un quadro?
Quante volte ci siamo chiesti se quel ‘ti amo’ era sincero?  E quante volte nella testa ci siamo risposti ‘ ma che ne sai tu dell’amore’. Però voler bene è un’altra cosa, il bene resta lì, magari nascosto ma senza pretese e a braccia aperte, ma resta. C’è chi pensa che sia necessario distinguere il bene dall’amore, soprattutto quando sei italiano e impari che in inglese si dice solo I love you, e tu credi che ti manchi qualcosa per esprimerti al meglio.  Per dire certe cose bisogna sapere cosa comportano e chi sa cos’è l’amore, veramente? 
Il mal di pancia, le farfalle allo stomaco, il vedere il bello dove non ce n’è… sicuri? Beviamo una birra di troppo e otteniamo lo stesso risultato. Quindi non è amore, è non avere la minima idea di cosa stiamo facendo, che è ben diverso. Tiziano Ferro dice che l’amore è una cosa semplice, io non so quante birre si beve lui al giorno ma a questo punto mi piacerebbe saperlo.
Per vivere meglio a volte, come si dice in Toscana, ‘si tira al bono per la pace’ ed è giusto che sia così. Non arrabbiamoci per le sciocchezze ma facciamo respiri profondi e andiamo avanti. E le cose belle viviamole a pieno per la loro bellezza. Non è tenendo le persone incatenate che ti rispetteranno e non è ignorandole che smetteranno di pensarti.  Con i nostri difetti impariamo a convivere ridendoci su e lavoriamo con e sulle persone a cui teniamo. Riflettiamo sui troppi ‘ti amo’ e valoriamo più i ‘ti voglio bene’, che a volte sono molto più sinceri.

martedì 3 luglio 2012

Laurea & altri disastri


Come sappiamo i giorni prima della discussione sono giorni difficili, a tratti molto noiosi e ricchi di nervosismo da vendere. Come se questo non fosse abbastanza, Puglypugly aveva rotto uno specchio la settimana prima della discussion. Come vuole la ‘tradizione’ Puglypugly sarebbe stata destinata a sette anni funesti e ricchi di disgrazie, e io con tutta la mia buona volontà tentai di spiegarle che questo non sarebbe stato necessariamente vero… tempo perso.

Ora dopo questo evento, il caso, E RIPETO SOLO IL CASO, ha voluto che a Puglypù le si rompesse il computer, le cambiassero la data della discussione a sette giorni dalla stessa, che il correlatore non fosse sicuro di potercela fare ad assistere, che l’amico che doveva fare metà strada con lei in treno partisse un altro giorno, che le venisse il mal di gola e le salisse la febbre a 39.

E’ curioso come prima del giorno più importante della tua vita (voglio conoscere chi ancora sostenga che sia il matrimonio) il cosmo o chiunque stia muovendo i fili di questo mondo si diverta così tanto a guardarci sclerare di testa.  Come se già non fosse abbastanza la realizzazione che la domanda di laurea non è che la richiesta scritta all’albo della disoccupazione, e il giramento di scatole più grande è che abbiamo pure dovuto sborsare 14 euro di marca da bollo per consegnarla.
Diciamo che i giorni prima della discussione sono i giorni che dovresti passare a trovare il modo giusto per presentare il tuo lavoro.
Il massimo a cui pensai  io fu entrare in aula gridando ‘questa.è. Spartaaaaa” o, in alternativa, vestita da gladiatrice con tanto di sguardo profondo e rassegnato alla Russel Crow.
Chiaramente mi aspettavo che alla fine di un intenso gioco di sguardi il presidente della commissione, nonché la mia relatrice, guardando verso un pubblico affamato e fanatico (la mia famiglia) punti il suo pollice verso l’alto e dichiarasse la mia vittoria.
Mentre passavo le mie giornate a pensare a queste stronzate il conto alla rovescia della mia incombente figura di merda si avvicinava inesorabilmente ma alla fine tutto andò bene... Pure a Puglypù.


E' da distesi che si vede il cielo


Quando ho finito le superiori non avevo la minima idea di quello che avrei fatto da grande.  Mi ricordo perfettamente la mia insegnante di lettere che  a pochi mesi dalla Maturità ci fece uno di quei discorsi da gladiatori che stanno per entrare al Circo Massimo, e ci disse che non importa quello che avremmo fatto,  l’importante è che lo facessimo con il cuore e la passione.

La mia passione era quella di viaggiare, volevo andare via dal paesello in mezzo alle colline. Un’adolescenza passata a sognare di partire con vestiti semplici, il borsello vuoto e il cuore pieno.
E l’ho fatto,  sì, di tante cose mi sono regalata una vita piena di posti nuovi, gente assurda e allo stesso tempo bellissima, una vita in cui ti svegli una mattina prendi un aereo e vai dove ti porta il vento. E così per Italia, Germania, Olanda, Belgio, Francia, Spagna, Inghilterra e poi America. Tutto cercando di essere una studentessa modello, o per lo meno ci ho provato, non studiavo quello che mi dicevano ma leggevo ciò che mi interessava. Non sono l’alternativa che va in India in cerca di una scappatoia al capitalismo, io davo gli esami e lavoravo come tanti, tanti giovani della mia età. La differenza è che con quei soldi magari me ne andavo a fare uno di quei viaggi a Londra dove dopo la mostra di Mirò una notte alle 4 a Picadilly Circus un colombiano piuttosto bizzarro ti propone di partire con lui per l’america latina la mattina dopo e sposarlo. Uno di quei viaggi lì.
Della triennale in Italia ho fatto quasi due anni all’estero, ho conosciuto delle persone splendide e mi sono innamorata della libertà di stare a guardare un quadro per ore senza la pretesa di volerci vedere per forza qualcosa.
Mio nonno continua a chiedermi cosa voglio fare della mia vita e io continuo a sorridere.  Io ho fatto quello che mi piaceva e ora so fare tutto e niente. Ho 23 anni, i miei migliori amici sono tutti lontani, a volte mi sento sola, a volte mi rimprovero di non essere stata capace di aver desiderato una vita nel paesino con gli amici di sempre, quelli del bar insomma. Poi penso ai viaggi che ho fatto, alle cose che ho imparato alle persone che ho conosciuto, ai momenti in cui pensavo di non farcela, e ai momenti in cui ce l’avevo fatta. Ho imparato che la vita ha uno strano senso dell’umorismo una sera a San Diego quando ho visto un barbone dormire sotto la pubblicità del nuovo I-pad della Apple. Ho visto che l’erba degli altri è sempre più verde ma anche  che questo vale per tutti.
Un giorno accontenterò pure il nonno, con un lavoro fisso, una famiglia e magari pure un cane.
Per ora continuo a sperare che tutto si sistemi e che per tutti quelli come me, che sono stanchi di doversi paragonare con chi fa meglio, ci sia un posto nel mondo.



martedì 3 aprile 2012

Ingegneri ingegnanti contro Traduttori sognanti


“Il problema è tutto lì sai, loro sono ingegneri e li fanno cogli stampini, so’ tutti uguali, pensano solo alla loro carriera di merda e al resto lasciano il tempo che trovano”

L. era convinta, no… ma che convinta, aveva le prove, che la sua teoria fosse giusta. In 13 ore di viaggio da Roma a Oklahoma City, si decise a farmi vedere le cose come veramente stavano. Piano piano cominciai a capire che la sua non era che la vera realtà dei fatti. Chiunque sia mai uscito con un ingegnere, di qualsiasi tipo e livello, sa benissimo di ciò di cui sto parlando.  E’ difficile capire bene i loro meccanismi e i loro tempi di reazione alle cose, all’inizio ti colpiscono per le loro ambizioni per la voglia di puntare in alto e fare strada che hanno. Poi ti rendi conto che sarebbe bello se questo non fosse di solito accompagnato dall’ossessione, nonché deformazione professionale, di voler fare inquadrare la tua vita nelle stesse tabelle dove loro hanno costruito la propria. Non puoi essere una persona interessante se non hai un obbiettivo, e se hai fatto lettere e filosofia, beh…meglio che il tuo obbiettivo valga la pena aver perso tre anni della tua vita a studiare persone che scrivono libri interi su malesseri vari senza mai offrire una soluzione ai problemi. Questa per loro è la letteratura, un pacco di seghe mentali.

A volte con questo tipo di persone  è difficile pensare di poter costruire qualcosa, che non sia ovviamente un castello fatto di lego o un aeromobile spaziale. Quando c’è qualche problema affrontano le cose in un modo molto più semplice e matematico, se la cosa ha una soluzione allora non te ne devi preoccupare, se non ce l’ha ugualmente, che te ne preoccupi a fare. Per noi ferme sostenitrici dell’Ufficio Complicazioni Affari Semplici, non è mai stata una cosa intelligibile, se c’è un problema ci finiamo il fegato, soprattutto se non ha una soluzione – la troviamo. Tanti anni di traduzione a qualcosa sono serviti. Risolvere le cause perse è la nostra specialità.

Solo che uscire con un ingegnere vuol dire sapere di non essere nella sua lista delle priorità, anche se sicuramente nella top five di cose che gli piace fare. Ma si sa, prima il dovere e poi, tanto dopo, il piacere.  Devi avere pazienza  e cercare di farti strada per dare sempre il 100%, per non sollevare dubbi e per rimanere sempre entro quei limiti di emotività che riescono ad essere sopportabili. E’ vero, non troverai sempre gente che la pensa come te e si comporta come te.  Ed è un bene, io non potrei mai vivere con una persona uguale a me. Ad ogni modo si che sento la necessità di fare discorsi seri che non siano necessariamente utili, pratici e tangibili. Si che mi fascio la testa prima di essermela rotta e allo stesso modo sogno di poter avere una vita tranquilla e felice. Soprattutto che questa felicità non dipenda necessariamente e solamente da quanti soldi riesco a mettere in banca. Ho bisogno di rassicurazioni continue e ho sempre un sogno assurdo che mi piacerebbe avverare e che credo seriamente di raggiungere, prima o poi. Nonostante le persone così siano naturalmente attratte da altre estremamente organizzate e generalmente irremovibili, confido presto nel trovare un punto d'incontro. Sperando che ci aiuti a vivere più serenamente, che ci tolga questo timore che ci corrode da dentro, quello di poter perdere una persona da un momento all’altro, e di poter finalmente essere sicure di avere la chiave per una porta che solo noi possiamo aprire.