martedì 3 luglio 2012

E' da distesi che si vede il cielo


Quando ho finito le superiori non avevo la minima idea di quello che avrei fatto da grande.  Mi ricordo perfettamente la mia insegnante di lettere che  a pochi mesi dalla Maturità ci fece uno di quei discorsi da gladiatori che stanno per entrare al Circo Massimo, e ci disse che non importa quello che avremmo fatto,  l’importante è che lo facessimo con il cuore e la passione.

La mia passione era quella di viaggiare, volevo andare via dal paesello in mezzo alle colline. Un’adolescenza passata a sognare di partire con vestiti semplici, il borsello vuoto e il cuore pieno.
E l’ho fatto,  sì, di tante cose mi sono regalata una vita piena di posti nuovi, gente assurda e allo stesso tempo bellissima, una vita in cui ti svegli una mattina prendi un aereo e vai dove ti porta il vento. E così per Italia, Germania, Olanda, Belgio, Francia, Spagna, Inghilterra e poi America. Tutto cercando di essere una studentessa modello, o per lo meno ci ho provato, non studiavo quello che mi dicevano ma leggevo ciò che mi interessava. Non sono l’alternativa che va in India in cerca di una scappatoia al capitalismo, io davo gli esami e lavoravo come tanti, tanti giovani della mia età. La differenza è che con quei soldi magari me ne andavo a fare uno di quei viaggi a Londra dove dopo la mostra di Mirò una notte alle 4 a Picadilly Circus un colombiano piuttosto bizzarro ti propone di partire con lui per l’america latina la mattina dopo e sposarlo. Uno di quei viaggi lì.
Della triennale in Italia ho fatto quasi due anni all’estero, ho conosciuto delle persone splendide e mi sono innamorata della libertà di stare a guardare un quadro per ore senza la pretesa di volerci vedere per forza qualcosa.
Mio nonno continua a chiedermi cosa voglio fare della mia vita e io continuo a sorridere.  Io ho fatto quello che mi piaceva e ora so fare tutto e niente. Ho 23 anni, i miei migliori amici sono tutti lontani, a volte mi sento sola, a volte mi rimprovero di non essere stata capace di aver desiderato una vita nel paesino con gli amici di sempre, quelli del bar insomma. Poi penso ai viaggi che ho fatto, alle cose che ho imparato alle persone che ho conosciuto, ai momenti in cui pensavo di non farcela, e ai momenti in cui ce l’avevo fatta. Ho imparato che la vita ha uno strano senso dell’umorismo una sera a San Diego quando ho visto un barbone dormire sotto la pubblicità del nuovo I-pad della Apple. Ho visto che l’erba degli altri è sempre più verde ma anche  che questo vale per tutti.
Un giorno accontenterò pure il nonno, con un lavoro fisso, una famiglia e magari pure un cane.
Per ora continuo a sperare che tutto si sistemi e che per tutti quelli come me, che sono stanchi di doversi paragonare con chi fa meglio, ci sia un posto nel mondo.



2 commenti:

  1. che bello Sara trovare questo blog e che meraviglia questo post, è come te: allegro, solare ma intelligente. Perché, diciamolo, chi gira il mondo non lo fa solo perché è uno scapestrato incosciente in cerca del nulla, ma c'è anche quella schiera di persone intelligenti che colgono ogni cosa positiva dei nuovi posti e delle nuove conoscenze e si creano quel bagaglio che piano piano diventa un baule, poi una stanza ed infine un deposito di esperienze ed emozioni!
    Non ci vediamo "mai", ma il bel ricordo delle estati irlandesi insieme è una delle cose più belle che mi porto dietro, anche le tue attese alla cabina telefonica!
    Io ora sono Pollicina, scrivo con poca costanza ma la vita mi ha travolto felicemente e si fa quel che si può ;)

    Francy

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